Di Marzio: "Il Milan ci sta provando per Gallardo: l'argentino si sta liberando dall'Al Ittihad e dovrebbe risolvere il contratto a breve. Oltre ad altri profili stranieri come Conceicao e Fonseca, il Milan ha sondato anche lui, che potrebbe essere la sorpresa finale qualora tutte le parti della società rossonera dovessero trovarsi d'accordo sul suo profilo. Un potenziale problema sarebbe stato l'ingaggio elevatissimo che Gallardo percepiva all'Al Ittihad (circa ventidue milioni netti). Tuttavia, risolvendo il contratto con una buonuscita, Gallardo sarebbe a quel punto libero di cercare l'intesa con una nuova squadra, soprattutto qualora il Milan decidesse di affondare il colpo rispetto agli altri candidati ancora in lizza".
Читать полностью…UFFICIALE:
Giroud annuncia l'addio ai colori rossoneri: "La mia storia con il Milan finisce quest'anno, ma rimarrà sempre nel mio cuore. Andrò in MLS"
Probabile formazione MILAN
(4-3-3):
Sportiello;
Kalulu, Gabbia, Thiaw, Florenzi;
Musah, Reijnders,Bennacer;
Chukwueze, Giroud, Pulisic.
All. Pioli
Fonti: varie online
Il Milan sabato giocherà con il nome (o il cognome) delle mamme dei calciatori sulla schiena, al posto del classico cognome.
Iniziativa inedita per la Festa della Mamma a cui aderiranno altre sei squadre di SerieA.
Fonte: Luca Bianchin
Quando ho capito di voler fare il dirigente: “Quando mi hanno chiamato. Ho avuto chiaro quello che non ho voluto fare: allenatore, lavorare in televisione e altre cose. Quando è arrivata l’opportunità con Leonardo, anche se era arrivata anche prima, ho condiviso ideali e principi. Si parla di un lavoro di squadra. La cosa che mi piaceva di più? Perché era il Milan, perché nei 31 anni di carriera ho avuto un sacco di esperienza e cose da insegnare. E poi c’è il lavoro in sé che è tutt’altro. Il periodo di adattamento è durato una decina di mesi. I miei primi 10 mesi da dirigente mi sentivo inadeguato, tornavo a casa e non ero contento. Non riuscivo a determinare qualcosa. Leonardo rideva e mi diceva: ‘Tu non ti rendi conto, te ne renderai conto poi del tuo impatto'”.
Milan, Nazionale o niente: regola ancora valida?:“Vale soprattutto per l’Italia. Vedermi all’interno di un club diverso dal Milan non ce la faccio. Questo non si fa. Non ho mai detto di no al PSG. Prima di andare al Milan ho parlato con Nasser a Parigi due o tre volte, la cosa non è andata avanti. Pensandoci adesso è andata bene così”.
Andare allo stadio a vedere il Milan: “No, logicamente. Seguo ancora il Milan, il Monza e l’Empoli dove giocava mio figlio. Abbiamo creato un sacco di relazioni con i giocatori in questi 4-5 anni. Con ognuno di loro si è creato un rapporto speciale. Quando vedo la fascia sinistra del Milan dai, è uno spettacolo”.
Inter: “È molto indicativo quanto successo. L’Inter ha una struttura sportiva che determina il futuro dell’area sportiva, è stata gratificata con contratti a lunga scadenza. Non è un caso che il Napoli sia andato male dopo l’addio dell’allenatore e del ds. A volte si considerano i giocatori come delle macchine, ma il supporto a loro credo sia una delle cose più inespresse nel calcio. Hanno bisogno anche di dire loro le cose come stanno”.
Il passato fa paura?: “A volte sì, ma a volta non è detto che avere il grande passato da calciatore ti debba dare un grande presente da dirigente. Fin quando non si prova non si sa e quando non ti danno l’occasione è probabilmente perché il tuo passato è ingombrante”.
Timing: “Il timing che avevo sulla palla era dovuto a delle caratteristiche mie personali, ma anche a tutti quei rimbalzi e traiettorie viste nei campi irregolari”.
Il debutto: “Liedholm mi ha detto: ‘Malda, entri’. Mi chiese se volessi giocare a destra o sinistra e io risposi: ‘Come vuole lei’. Ci penso ogni tanto. La ricorrenza del 20 gennaio spesso la fanno vedere, è normale ricordarsela. Sono legato moralmente dentro di me soprattutto alle relazioni con le persone e anche ai momenti. La cosa bella del calcio è che devi condividere con le persone. Liedholm mi ha insegnato a giocare a calcio. Mi disse: ‘Ricordati che ti devi sempre divertire perché il calcio è divertimento'”.
La vita da calciatore: “È dura fare il calciatore. C’è una competizione pazzesca con gli altri: il 98% fallisce. Ognuno alla propria maniera sa che quella è la passione e gioia. La carriera mi ha tolto qualcosa? Sì, mi ha tolto magari un pezzo di gioventù. Ma si può dire che mi abbia tolto qualcosa? No, lì è iniziata la mia disciplina, il mio sacrificio. Sentirmi realizzato per la cosa che volevo fare è stata la cosa più bella”.
Il tennis: “Finita la carriera, ancora per 3-4 anni sono riuscito a giocare. Poi per me è stato impossibile continuare. Riesco a giocare a tennis, non so perché. Ho giocato un torneo ATP con una wild card: abbiamo perso 6-1 6-1 il doppio. Calciare il pallone mi fa male”.
Berlusconi: “Ha portato un’idea moderna e visionaria non solo del calcio, ma del mondo in generale. Voleva che la nostra squadra giocasse il miglior calcio del mondo, sia in casa che fuori. Voleva che diventassimo campioni del mondo. La cosa faceva un po’ ridere, ma già dall’anno dopo cambiò tutto: palestra, alimentazione, Milanello, preparatori. Era tutto farina del suo sacco, aveva già immaginato una struttura adatta. C’è sempre tanta diffidenza per l’imprenditore che entra nel calcio. È stato forse più difficile quando ha preso Sacchi: quello è stato il vero stravolgimento. Il fatto che non avesse fatto ancora nulla di importante nel calcio poteva dare qualche dubbio. Poi abbiamo iniziato a volare. Tutto il resto era fatto per farci crescere come persone. C’erano dirigenti con ruoli specifici, c’era il rispetto delle regole e dei ruoli.
Rapporto deteriorato? No, non è così. Lui mi ha sempre detto che era il mio secondo padre. Due anni fa andai a pranzo con Galliani e lui ad Arcore. Prima di iniziare il pranzo dissi una cosa: ‘Voglio ringraziarvi per quello che avete fatto. Solo adesso capisco la grandezza’. Quando è stato ricoverato in ospedale, il giorno che è uscito, pochi giorni prima della sua morte, mi ha chiamato per fare degli scambi. Fu pure una telefonata a tarda ora. Conosceva benissimo i giocatori”.
La cosa migliore fatta al Milan da Berlusconi?: “A me piaceva molto la sua idea di giocare bene, vincere e rispettare l’avversario. Quando diceva che gli faceva piacere che vinceva l’Inter, lo diceva veramente. Complimentarsi con l’avversario a fine gara era un insegnamento. Berlusconi ha vissuto il calcio come passione, questo si sente e si trasmette. Che cosa crea un ambiente vincente? La città, il luogo di lavoro e le persone. Le relazioni coltivate nel tempo portano qualcosa”.
𝐆𝐞𝐫𝐫𝐲 𝐂𝐚𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐚𝐥 𝐐𝐚𝐭𝐚𝐫 𝐄𝐜𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐜 𝐅𝐨𝐫𝐮𝐦 𝐝𝐢 𝐁𝐥𝐨𝐨𝐦𝐛𝐞𝐫𝐠
“La risposta è che in questi anni da proprietari del Milan abbiamo esperito proprio quello che ci aspettavamo. Ma conoscerlo teoricamente e viverlo in prima persona, sulla tua pelle, ha delle differenze. Dico questo perché i nostri “partner” nell’AC Milan sono i tifosi e prendo molto sul serio questa cosa. In America i proprietari di squadre e club non hanno questo tipo di “partnership”, ma nel calcio europeo è qualcosa che devi prendere sul serio. Nel calcio italiano devi prenderlo molto sul serio, e io lo faccio. C'è un'opportunità qui, almeno nella nostra tesi di investimento, per professionalizzare il modo in cui vengono gestite queste cose. Non si tratta più di “hobby per gente ricca”, ora vedi che il capitale istituzionale è attratto da queste situazioni perché si tratta di attività multimiliardarie di intrattenimento per eventi dal vivo. Devi avere un equilibrio. I tifosi ovviamente vogliono vincere sempre. L’ironia nello sport è che se vinci ogni anno rendi la competizione meno interessante. L’elemento umano e la sua imprevedibilità è quello che rendono queste cose così preziose. Ma in ogni caso è ovvio che parti sempre per vincere il campionato, per arrivare il più lontano possibile nella competizione.
Per fare questo devi trovare un equilibrio tra l’obiettivo a breve termine di vincere ogni anno e l’obiettivo a lungo termine della sostenibilità e la consistenza nel ridurre la volatilità e la variazione della performance. Queste cose non devono portare solo ad un introito, sarebbe pigro, ma dovrebbe invece aumentare il flusso di cassa, che è una cosa positiva. Reinvesti il flusso di cassa per migliorare la squadra e vincere. È un circolo virtuoso, non differente da quello che succede in ogni altra azienda. È solo che qui ogni tanto l’emozione prende il sopravvento, ed è qui che la cosa migliore che possiamo fare per amministrare questa risorsa per l'Italia e per i tifosi, è assicurarci di prepararla per un successo a lungo termine. Poi è ovvio che vogliamo vincere ogni anno. Sta qui la cosa interessante. Non siamo mai stati un azionista di maggioranza di una realtà sportiva così grande prima d’ora. Di certo gli abbiamo girato attorno, come con gli Yankees o i Cowboys, ma questo fa parte del processo di apprendimento”.
Olivier Giroud, centravanti del Milan da tre stagioni, ha pubblicato in questi minuti una storia sul suo profilo di Instagram in cui annuncia l'uscita di un'intervista alle ore 16 di questo pomeriggio, rilasciata ai canali ufficiali del club. Nella brevissima anteprima, al numero 9 rossonero viene lasciata la parola e si vede e sente solamente Giroud che dice:
"Io sono qua per...".
Il video poi sfuma. Con ogni probabilità l'attaccante francese annuncerà l'addio ai colori rossoneri dopo tre stagioni sulla cresta dell'onda. L'appuntamento è dunque alle 16 per saperne di più.
Cambi per il Milan all’intervallo:
Entrano Leao, Okafor e Tomori
Escono Chukwueze, Giroud e Gabbia
Lo sciopero del tifo continua anche domani per Milan-Cagliari, non verranno esposti striscioni e bandiere né cantati i soliti cori
"Siamo al tramonto di una stagione mediocre e deludente che avrebbe potuto vivere un finale migliore ma sono stati fatti tutti gli errori possibili, anche in panchina, per finirla nel peggiore dei modi; abbiamo patito l'eliminazione in Europa League da parte di un'italiana e nessuna voce si è alzata dalla società per dire qualcosa a un popolo rossonero che, ancora una volta, ci aveva creduto e aveva spinto il Milan fino al fischio finale: abbiamo visto le m**de festeggiare il campionato nel derby e abbiamo dovuto ascoltare parole della dirigenza rossonera che ci hanno fatto imbestialire, perché a tutto davvero c'è un limite.
Ora però la nostra pazienza è finita, perché crediamo che in questi 2 anni di aver dato la massima fiducia alla società e il massimo supporto alla squadra ed è arrivato il momento della chiarezza, di sapere finalmente quali siano le reali intenzioni della proprietà, se davvero le sue ambizioni coincidono con quelle del popolo milanista che oggi è stufo di dover solamente partecipare, di doversi accontentare di un piazzamento in Champions quando ben altro chiede e merita la storia e la tradizione del Milan.
Non è stato facile decidere di non esporre i nostri striscioni e sventolare le nostre bandiere, però è giusto far vedere come potrebbe diventare San Siro quando si portano i milanisti al limite, quando si sottovalutano l'amore e la fedeltà di una tifoseria capace di trascinare la sua squadra a vincere lo straordinario scudetto di 2 anni fa, grazie alla creazione di un'unione perfetta tra chi scendeva in campo e chi era sugli spalti.
Avete goduto della nostra fede, avete visto il sostegno incessante di un popolo follemente innamorato, sapete quanti siamo e cosa siamo pronti a fare per il nostro Milan: cosa vi serve ancora per fare quei passi che ogni milanista vi chiede? Cosa aspettate per rispondere con i fatti, non con le chiacchiere, alle domande che ogni milanista vi pone soffrendo e tifando per quel Milan che non è un brand, non è un'azienda, che non è una factory ma che è, invece, tutta la sua vita?
Valutate e scegliete bene i vostri passi futuri, non c'è più tempo da perdere cari signori, se volete continuare ad avere il sostegno ineguagliabile di tutto il popolo rossonero che ha sempre e soltanto il Milan nel cuore!"
Fonte: Pietro Mazzara
Milan, Elliott vince contro Blue Skye in Lussemburgo: archiviate tutte le indagini penali
Continua lo scontro in tribunale tra Elliott e Blue Skye nell’ambito dell’operazione di vendita che ha portato il Milan a RedBird.
"Il 28 febbraio 2024 la Chambre du Conseil del Tribunale del Lussemburgo ha emesso un’ordinanza di non luogo a procedere, archiviando tutte le indagini penali contro la Rossoneri Sport Investment (cioè Elliott) e suoi rispettivi dirigenti, tra cui Jean Marc McLean, un dipendente di Elliott.
In considerazione della decisione di non procedere il Tribunale ha stabilito che è necessario ripristinare la situazione precedente ai sequestri, motivo per il qual è stata ordinata la restituzione di tutti gli oggetti e valori sequestrati ai loro legittimi proprietari".
(Fonte Calcio e Finanza)
Sacchi: “Noi ci siamo messi a disposizione, ma fu fisicamente e mentalmente durissimo. Non c’era abbastanza conoscenza dal punto di vista fisico. Io credo di essere andato in over-training per più mesi. Avevamo alti e bassi all’inizio. La diffidenza era dovuta da un adattamento al lavoro fisico. Non c’era alcuna corrente contro Sacchi, era solamente dura adattarsi alla sua idea. Probabilmente si adattò anche lui a noi. Lui ci insegnò a vincere? Il Milan di quegli anni aveva grandi giocatori, con una delle difese più forti di sempre. Con lui perché è finita? È normale. Quando trovi un allenatore così esigente, è un prodotto che ha una scadenza. Quando sei così ossessionato, ti consumi facilmente. Questo succede a tutti i grandi allenatori. Sembrava la descrizione di Conte quella di Sacchi? Sì, è così. Tutti gli insegnamenti poi te li porti dietro e li adatti al tuo futuro”.
Capello: “Capello era un uomo di campo. Ti diceva tantissime cose, era una persona molto pratica. Ha proseguito il lavoro tattico e fisico di Sacchi. La squadra di quegli anni fu in assoluto la squadra più forte. Ha aggiunto un minimo di praticità ad un concetto utopistico a volte, come quello di Sacchi. Era la perfetta combinazione. Liedholm, Sacchi, Capello: la fortuna di averli avuto in quest’ordine”.
Capitano nel 1997: “Avevo 29 anni, era già 13 anni che giocavo in Serie A e da 3 anni capitano della nazionale. Quindi mi ero abituato a quel ruolo. Farlo nel Milan e in maniera quotidiana era diverso, anche perché in quegli anni non andavamo benissimo”.
Coppa più bella: “Difficile dirne una. Sono tutte belle, distribuite non nel corso di 3 anni fantastici, ma 20-25 anni. Quella di Manchester arriva 9 anni dopo l’ultima appena alzata. Fu forse quella più ambita perché ero capitano”.
Ancelotti da ex compagno ad allenatore: “Ci si comporta in maniera naturale, non puoi far finta che il passato non ci sia stato. Lo chiamavo Carlo più che mister. Non c’era bisogno di dire troppe cose. Non sono molto bravo a raccontare aneddoti: di Carlo si pensa sia la persona più tranquilla del mondo, ma non è così. C’è una maschera. Si sedeva prima della partita e mi diceva che dentro sentiva di tutto. Bisogna far finta ogni tanto”.
Giocatore più forte con cui ha giocato: “Non posso dirne solo uno. Come forza morale e caratteristiche difensive, Franco Baresi era perfetto. Poi non parlava mai e agiva solo: perfetto. Poi ho avuto la fortuna di giocare con Van Basten. Ronaldo e Ronaldinho tecnicamente sono i giocatori più forti, ma sono arrivati in periodi difficili. Ronaldo dell’Inter? A me piaceva andare a fare l’uno contro uno, ma con lui era molto dura. Non si fermava, le regole erano molto più permissive e potevi usare più il fisico, ma anche lui fisicamente era grosso”.
Un ‘no’ difficile da pronunciare da calciatore: “No, ci sono stati dei momenti delicati all’interno del mio club. Le cose non andavano bene e c’era molta amarezza da parte mia, ma ciò non mi porta a cambiare, ma migliorare le cose. No al Real difficile? Sì, se non sei contento al Milan. In quegli anni non c’era niente di meglio”.
Pallone d’Oro mai vinto un’ingiustizia?: “È più una cosa giornalistica. Essendo un premio individuale, non era uno dei miei obiettivi. Per me non certifica che sei il giocatore migliore, per me sono altre cose”.
Miglior perdente della storia: “C’è un fondo di verità: le vittorie passano attraverso le sconfitte. Ho perso 8-9 finali, sono tante. Ho avuto la fortuna di giocarne altrettante, se non di più. Non posso considerarmi un perdente nella vita. Istanbul ferita aperta? No, basta. Dopo Istanbul c’è sempre Atene“.
Mondiale 2006: “No, niente tarlo. Ne ho giocati 4. Faticavo a fare il doppio impegno campionato-coppe, volevo preservare gli ultimi anni e non volevo essere un peso. Poi avevo già detto di no all’Europeo del 2004 e non mi sembrava giusto. Poi se ci fossi stato io, magari non avremmo vinto”.
La vita a Milano e per i milanesi: “Il milanese si sente perfetto per Milano perché ti lascia libero. Inizi a girarla, non è grande, inizi a scoprirla e ti fa innamorare piano piano. Vedo in Milano tante caratteristiche che sono mie. In cosa siamo simili? La discrezione, il fatto di essere riservato e non far vedere tutto subito. Qui ho trovato la famiglia e la possibilità di giocare nella squadra che aveva le mie stesse ambizioni. La mia vita poteva essere altrove se non fosse arrivato il presidente Berlusconi con la sua ambizione. Zone preferite? Casa (ride, ndr). Mi piace camminare nelle zone di Brera”.
Provino al Milan: “Si poteva fare solo dopo i 10 anni, mi accompagnò mio padre. Non avevo mai giocato a 11 in un campo regolare, mi chiesero il ruolo e non lo sapevo. Io ho chiesto che ruolo ci fosse a disposizione, mi dissero ala destra e io dissi ok. Alla fine un allenatore si avvicinò e mi fece firmare il famoso cartellino che mi legò al Milan per tantissimi anni. Il provino è stato l’inizio della mia storia con il Milan. Da quel momento ho provato a scrivere la mia storia. Mi piaceva giocare in attacco da ala destra. Giocando in diversi ruoli sin da piccolo puoi sviluppare certe caratteristiche. Non esisteva tattica, la prima volta l’ho fatta in prima squadra. È molto più facile insegnare dei concetti tattici piuttosto che di marcatura o dribbling”.
Cambio di ruolo: “Ho fatto i primi due anni da ala destra e sinistra, a 14-15 anni mi hanno messo terzino. Ai 15 ho fatto un’amichevole con il Milan prima squadra, a 16 sono stato convocato in ritiro con la prima squadra. C’era una Primavera piena di talenti come Costacurta”.
Timing: “Il timing che avevo sulla palla era dovuto a delle caratteristiche mie personali, ma anche a tutti quei rimbalzi e traiettorie viste nei campi irregolari”.
Il debutto: “Liedholm mi ha detto: ‘Malda, entri’. Mi chiese se volessi giocare a destra o sinistra e io risposi: ‘Come vuole lei’. Ci penso ogni tanto. La ricorrenza del 20 gennaio spesso la fanno vedere, è normale ricordarsela. Sono legato moralmente dentro di me soprattutto alle relazioni con le persone e anche ai momenti. La cosa bella del calcio è che devi condividere con le persone. Liedholm mi ha insegnato a giocare a calcio. Mi disse: ‘Ricordati che ti devi sempre divertire perché il calcio è divertimento'”.
La vita da calciatore: “È dura fare il calciatore. C’è una competizione pazzesca con gli altri: il 98% fallisce. Ognuno alla propria maniera sa che quella è la passione e gioia. La carriera mi ha tolto qualcosa? Sì, mi ha tolto magari un pezzo di gioventù. Ma si può dire che mi abbia tolto qualcosa? No, lì è iniziata la mia disciplina, il mio sacrificio. Sentirmi realizzato per la cosa che volevo fare è stata la cosa più bella”.
Timing: “Il timing che avevo sulla palla era dovuto a delle caratteristiche mie personali, ma anche a tutti quei rimbalzi e traiettorie viste nei campi irregolari”.
Il debutto: “Liedholm mi ha detto: ‘Malda, entri’. Mi chiese se volessi giocare a destra o sinistra e io risposi: ‘Come vuole lei’. Ci penso ogni tanto. La ricorrenza del 20 gennaio spesso la fanno vedere, è normale ricordarsela. Sono legato moralmente dentro di me soprattutto alle relazioni con le persone e anche ai momenti. La cosa bella del calcio è che devi condividere con le persone. Liedholm mi ha insegnato a giocare a calcio. Mi disse: ‘Ricordati che ti devi sempre divertire perché il calcio è divertimento'”.
La vita da calciatore: “È dura fare il calciatore. C’è una competizione pazzesca con gli altri: il 98% fallisce. Ognuno alla propria maniera sa che quella è la passione e gioia. La carriera mi ha tolto qualcosa? Sì, mi ha tolto magari un pezzo di gioventù. Ma si può dire che mi abbia tolto qualcosa? No, lì è iniziata la mia disciplina, il mio sacrificio. Sentirmi realizzato per la cosa che volevo fare è stata la cosa più bella”.